sda-2016

PADRE GAMBETTI, OFFRIRE AL MONDO MESSAGGIO DI MISERICORDIA E PACE VESCOVO SORRENTINO: NO A CULTURA DELLA GUERRA SI' A CULTURA DELLA PACE 

Redazione online Andrea Cova
Pubblicato il 30-11--0001

La storia darà il suo giudizio, in termini di sviluppo o di declino dell’umanità

Il discorso del custode padre Mauro Gambetti in occasione della visita di papa Francesco. 


"Santità, cari rappresentanti delle confessioni cristiane e delle religioni del mondo, fratelli e sorelle.

 

Dialogo e preghiera sono stati i capisaldi di questo incontro, organizzato con il desiderio di promuovere tra le genti una convivenza mite, riconciliata, libera. Volevamo offrire al mondo intero un messaggio di misericordia e di pace condiviso dalle religioni e dagli uomini di buona volontà. Non so se ci siamo riusciti. La storia darà il suo giudizio, in termini di sviluppo o di declino dell’umanità.

Tuttavia, possiamo azzardare una lettura “profetica” a partire dall’esperienza di frate Francesco piccolino, che nel 1219 a Damietta incontrò il sultano Malik al-Kamil.

 

Dialogo. Umile nel contegno, più umile nel sentimento, umilissimo nella propria stima… (2Cel 140: FF 724): questo l’uomo, come è descritto dal Celano, che si reca a Damietta. L’umiltà consente di trasmettere e di percepire l’Infinito, l’Assoluto, l’Eterno, dinanzi al quale tutti siamo nulla, un soffio, di pari dignità. Gli umili si rispettano, si apprezzano, si valorizzano vicendevolmente. 

 

Preghiera. Ancora il primo biografo scrive di Francesco che egli era non tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera (2Cel 95: FF 682). Chi attinge continuamente alla vita spirituale ha cuore per accogliere gli altri, i diversi, perché li riconosce così simili a sé nelle profondità misteriose dell’essere da sentirsi una cosa sola con loro.

 

A questo punto, è semplice la profezia. Il mondo conoscerà una fase di sviluppo se chi è qui non è in cerca di gloria, non si ritiene migliore degli altri e non considera la propria religione, il proprio gruppo di appartenenza o la propria cultura superiore alle altre. Chi mi sta di fronte ha sempre qualcosa più di me, qualcosa che io non possiedo. Senza umiltà il confronto tra noi, quello di oggi e quello di domani, è solo un compromesso per mantenere l’uno il potere sull’altro.

Infine, chi è venuto qui, più o meno consapevolmente è un uomo pronto a morire per la pace. Lo sono gli amici che garantiscono la sicurezza per tutti noi. Grazie! Sono pronti a morire per la pace anche coloro che sono qui in servizio a diverso titolo, come pure gli invitati e quanti sono venuti di spontanea volontà. Grazie a tutti! 

Ma quando si passa dall'essere pronti all'atto di morire per la pace? Credo che senza la preghiera non possa avvenire questo passaggio. Chi si abbevera alle sorgenti dello spirito vede scomparire dal cuore la paura della morte e sa rinunciare ai propri averi e alle proprie ragioni, sa aprirsi al perdono, donare con generosità, fare del bene a chi gli fa del male, sottomettersi a tutti per amore. 

 

Il valore profetico dell’incontro che oggi si conclude dipende da ciò che farà ciascuno di noi domani.

Il Signore vi dia pace".


Il discorso del vescovo di Assisi.


Caro Santo Padre Francesco,

cari fratelli e sorelle,

amici tutti,

La Chiesa di Assisi vi abbraccia con affetto  mentre rivive  l’emozione di quella grande profezia posta trent’anni fa in questa piazza da san Giovanni Paolo II:  la profezia dello “spirito di Assisi”.

Uno spirito di preghiera, di concordia e di pace, che vuole essere una risposta ad un mondo intristito da tante guerre che talvolta, impropriamente, anzi in modo blasfemo e satanico, agitano  vessilli religiosi.

In questa Assisi in cui il giovane Francesco prese le distanze dallo spirito del mondo per essere tutto di Cristo e dei fratelli, divenendo  uomo di pace,  la nostra riflessione e  la nostra preghiera hanno gridato ancora una volta un no alla cultura della guerra e un sì alla cultura della pace.

Cultura della pace che Lei, Santo Padre, ci ha insegnato quest’anno a declinare come cultura della misericordia. Ossia una cultura dell’amore che sa prendersi cura, intenerirsi e perdonare, secondo la beatitudine evangelica: “Beati i misericordiosi perché otterranno misericordia”.

In questi giorni, professando e testimoniando le nostre convinzioni religiose, nell’ascolto rispettoso di quelle altrui, abbiamo fatto una vera esperienza di amicizia.

Occorre procedere oltre. La nostra amicizia vuol essere un contributo a una  politica della fraternità su scala globale. 

È possibile che l’umanità si senta una sola famiglia? Noi credenti pensiamo di sì, e per questo operiamo, nella ricerca di  ciò che ci unisce, andando oltre ciò che ci divide.  L’esempio di Francesco di Assisi  ci è  di grande aiuto. Lo “spirito di Assisi” ha a che fare con la sua vita e il suo messaggio. La stessa forma del suo saluto -  “Il Signore ti dia la pace”  - non era solo un augurio, ma una preghiera per la pace. Esprimeva  la convinzione che  la pace vera  è dono dall’alto, senza nulla togliere alla  nostra responsabilità. Guardi,  Dio che è misericordia, alla  “sete di pace” del nostro mondo.  A Lei, Santo Padre, e a tutti i presenti, un fraterno abbraccio e un augurio di pace.




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